Info a cura dell' Hotel Terme La Pergola e Villa Flavio


Ischia Natura

Cucina ischitana

TweetPin it

La cucina ischitana (di Ciro Cenatiempo)

La gastronomia ischitana deve tutto alla formula mitica di cucinare il coniglio ruspante, una volta allevato in fosse scavate nel tufo o nel lapillo: «alla cacciatora». Una ricetta entrata negli annali dell’alta cucina. L’allegra tavola ischitana, profumata di aromi selvatici, in un contesto ambientale ricco peraltro di funghi porcini straordinari, more, corbezzoli, asparagi, si è evoluta negli ultimi anni grazie anche alle abitudini innovative indotte dal turismo. Ma non ha dimenticato gli echi della romanità antica, che esaltava vongole veraci, saraghi, spigole, pagelli, orate, rombi, merluzzi, piccoli tonni, pesce azzurro; e poi gamberi, calamari, polipi, totani e aragoste, senza dimenticare polpette con le spezie esotiche, salse…
In un mix di terra e mare che sono sintetizzati nella formula rituale più caratteristica: il Cala-Cala, il baratto di pesce con ortaggi, di vino con molluschi, e così via. Si compiva sui promontori arsi di Forio, quelli più tropicali di San Pancrazio; alla Scarrupata, alla Scannella… Nelle mattine di sole, i pescatori assetati dopo ore di lavoro alle reti, e di vogate, “davano una voce” in collina agli zappatori o agli spuntatori: si riempiva un cesto di vimini, e si… calava giù sottocosta. Risaliva un cesto traboccante di guizzanti aguglie e «retunni», che avrebbero più tardi onorato la tavola della famiglia rurale. Gesti impressi ormai nel genoma isolano, marinaro e contadino allo stesso tempo. Più in generale va sottolineato con forza che la cucina ischitana vanta uno stretto legame «naturale» con il cibo.
Ma torniamo al coniglio. La storia e la forza della tradizione ritornano prepotenti con il recupero dell’allevamento semiselvatico del coniglio, nelle «fosse», buche scavate nel terreno: un sistema che garantisce carni biologiche e dal sapore straordinario. Del resto, il «coniglio alla cacciatora», riconosciuto come il «piatto» per eccellenza d’alcune isole minori del Mediterraneo (da Lampedusa al Giglio), ad Ischia è considerato il piccolo principe della cultura contadina, anche perché vive – moltiplicandosi con proverbiale prolificità – allo stato brado tra le colline sud-orientali di San Pancrazio e Piano Liguori; e sull’altro versante, al Cannavale e a Buceto, a Nitrodi; ai Frassitelli e nelle macchie dell’areale alto di Lacco Ameno. Il coniglio è abitualmente cacciato e cucinato secondo ricette che testimoniano la dualità storica del territorio. A ovest, dove resiste l’impronta greca e medio orientale, il coniglio finisce in tegame accompagnato dal vino bianco, dalla cipolla e dalla piperna, un’erba aromatica e profumata; ad est, dove il richiamo etrusco e romano è più forte, si preferisce l’aglio «vestito», cioè non sbucciato. Segreti? Non troppo. Comunque da scoprire. Restano fondamentali i profumi degli aromi dell’orto e selvatici quali origano, mentuccia, rosmarino, aneto, timo, maggiorana, e le molte erbe che crescono spontanee: bietola, ruchetta, melissa, borragine. Antica e consolidata è l’eccellente tradizione del pane cotto a legna che, un po’ ovunque, è possibile acquistare presso i maestri fornai.

Cucina ischitana: una ricetta per il coniglio all’ischitana

«Il coniglio, con una testa d’aglio intera, viene prima rosolato a pezzi nella sartana, la caratteristica e tradizionale padella di rame. Dopo la rosolatura, si mette nel “tiano”, la pentola di terracotta, particolarmente indicata perché uniforma il calore della fiamma ed evita la dispersione dell’umidità. Si aggiungono quindi il vino bianco, con i pomodorini e un rametto di timo. A cottura ultimata, il tutto è insaporito con basilico e prezzemolo, mentre le interiora (in particolare ‘mbrugliatelli e fegato, considerato uno dei pezzi più pregiati), dopo essere state accuratamente pulite e messe a bagno in acqua, con limone e vino, sono cucinate (vengono aggiunte dopo la fase di rosolatura) avvolte nel prezzemolo. Il sugo che si ottiene al termine della cottura è utilizzato per condire la pasta».

Cucina ischitana: zuppa di calamari e fagioli

«Occorrono: calamari tagliati ad anelli; fagioli cannellini; pochi pomodorini (uno a persona); vino bianco; cipolla, aglio, olive nere, prezzemolo, sale q.b. Iniziare rosolando al cipolla, tagliata ad anelli sottilissimi, insieme a uno spicchio d’aglio. Aggiungiamo i calamari, le olive nere e una bella spruzzata di vino. Circa a due terzi di cottura si devono aggiungere dei pomodorini (tagliuzzati e senza esagerare con la quantità) e il prezzemolo. Quando il tutto ci sembra cotto è giunto il momento di incorporare i fagioli precedentemente lessati e far amalgamare la zuppa che si è venuta a formare. Servirla ancora fumante, se è possibile, in ciotole di terracotta con crostini o pane “fresellato”».

Cucina ischitana: polpi appena pescati… con gli spaghetti

«Ricetta per 6 persone con circa 500 grammi di polpi. Ingredienti: olio, uno spicchio d’aglio, sale, pepe, pomodorini nostrani, prezzemolo. In una padella dai bordi alti fare soffriggere lo spicchio d’aglio, quindi calarvi i polpi (appena pescati e ripuliti delle interiora) e farli “arricciare”; a questo punto aggiungere a copertura i pomodorini a pezzetti, salare, pepare e terminare la cottura. Sul secondo fornello far bollire l’acqua per gli spaghetti e scolarli al dente. Aggiungere il condimento con i polpi tagliati a pezzetti. Aggiungere una manciata di prezzemolo tritato».

Cucina ischitana: cucinare tra i vapori della natura

La spiaggia di Fumarole, sul versante occidentale della baia dei Maronti, è famosa nel mondo per i cosiddetti fenomeni di vulcanesimo secondario: l’acqua e i vapori a 100 gradi raggiungono la superficie. Qui si conserva la tradizione di cuocere il cibo direttamente in buche scavate nell’arenile, veri e propri forni naturali. Si preparano patate, pesci, polli, uova avvolti in cartocci legati ad una fune, infilati con attenzione nella «bocca della fumarola» e ricoperti di sabbia bollente. Alle patate, non sbucciate, si aggiunge un rametto di rosmarino. Analogamente, le uova diventano quasi sode, con leggero sapore sulfureo, in poche decine di minuti. Molto apprezzato il pollo: tagliato in pezzi, unito alle erbe aromatiche, in un involucro di carta argentata, viene sistemato a 70 centimetri di profondità. Dopo circa un’ora è pronto: si ritira lentamente la fune con il fagotto nascosto sotto la sabbia e si mangia caldissimo.

©RIPRODUZIONE RISERVATA